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I "Disturbi" di Personalità

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Introduzione

 

Nel linguaggio comune e persino in quello clinico, i Disturbi di Personalità sono spesso considerati delle “malattie mentali”. Ma si tratta davvero di disturbi, nel senso classico del termine? O piuttosto di modelli di funzionamento psicologico profondamente radicati, più congeniti che acquisiti, e quindi qualitativamente diversi dalle patologie psichiatriche propriamente dette, come la schizofrenia o il disturbo bipolare?

 

 

Personalità: una struttura, non un sintomo

 

La personalità è l’insieme relativamente stabile di modi di percepire, pensare, sentire e relazionarsi con se stessi e con il mondo. Questa struttura inizia a formarsi molto precocemente, verosimilmente con una base temperamentale innata, che poi si sviluppa nel contesto delle prime relazioni affettive.

 

I cosiddetti Disturbi di Personalità – dal borderline al narcisistico, dall’antisociale all’evitante – rappresentano varianti disfunzionali ma coerenti e stabili di questa organizzazione. Non sono episodi transitori né condizioni acquisite in età adulta, ma modi abituali di essere, che accompagnano l’individuo per tutta la vita.

 

 

Non “disturbi”, ma stili disadattivi

 

Il termine “disturbo” può essere fuorviante. In psichiatria classica, un disturbo implica la perdita o la compromissione di una funzione che prima era intatta – come nel caso della depressione maggiore o delle psicosi. Nei disturbi di personalità, non c’è una perdita, ma un modo specifico e pervasivo di funzionare, che può diventare disfunzionale non di per sé, ma nel rapporto con l’ambiente.

 

Per esempio:

 

  • Una persona con personalità evitante non perde la capacità di socializzare: semplicemente ha uno stile cronico di ritiro e ipersensibilità al giudizio.

  • Chi ha una personalità borderline vive intensamente le relazioni e le emozioni, ma senza stabilità interna e con un alto rischio di reazioni impulsive.

 

In altre parole: non si ammala, è strutturalmente così.

 

 

Congeniti o appresi? La dialettica tra natura e ambiente

 

Sempre più evidenze indicano che fattori temperamentali – genetici e neurobiologici – giocano un ruolo cruciale nella formazione della personalità. Studi di neuroimaging e genetica comportamentale mostrano differenze strutturali e funzionali in persone con tratti di personalità disfunzionali.

 

L’ambiente, in particolare quello precoce (attaccamento, traumi, esperienze di cura), può modulare o amplificare questi tratti, ma non li crea da zero. Di conseguenza, i disturbi di personalità non possono essere considerati condizioni esclusivamente reattive o apprese, come un disturbo post-traumatico o una fobia.

 

 

Perché allora il termine “disturbo”?

 

La classificazione DSM li chiama ancora “disturbi” perché:

 

  • producono sofferenza clinicamente significativa

  • interferiscono con la funzionalità sociale, lavorativa e relazionale

  • sono riconosciuti come diagnosi a sé stanti, con criteri specifici

 

Tuttavia, molti autori oggi preferiscono parlare di “funzionamento di personalità patologico” o “funzionamento di base alterato”, piuttosto che di “disturbo”, per sottolineare che non c’è rottura, ma rigidità e inflessibilità del funzionamento.

 

 

Implicazioni cliniche: trattamento e prognosi

 

Proprio perché non si tratta di disturbi “episodici”, i Disturbi di Personalità richiedono:

 

  • approcci terapeutici a lungo termine

  • lavoro sulla consapevolezza, regolazione emotiva, relazioni interpersonali

  • e non semplicemente trattamenti farmacologici

 

La psicoterapia psicodinamica, la terapia dialettico-comportamentale (DBT) e la mentalization-based therapy (MBT) sono tra gli approcci più validati.

 

 

Conclusione

 

I Disturbi di Personalità non sono malattie che insorgono, ma modelli profondi e precoci di funzionamento psicologico, spesso radicati nella costituzione biologica dell’individuo. Riconoscerli come condizioni congenite e strutturali, più che come “disturbi” in senso stretto, può aiutare a ridurre stigma, migliorare la comprensione e orientare meglio i percorsi terapeutici.

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